Ripensavo
a quante volte, nell’ultimo
periodo, nelle nostre orecchie è
risuonata la parola “populista”.
L’abbiamo sentita spessissimo,
sempre in occasione di dibattito
politico, e ogni volta, questo
termine è stato usato in senso
negativo, se non dispregiativo.
“populista” è un termine così
strano, che all’inizio non vi
facevo molta attenzione, ma poi
questa parola ha incominciato a
incuriosirmi molto, siccome
sembrava essere l’attributo con
cui si risolvevano tanti
ragionamenti molte volte diversi
fra loro, e quasi sempre era il
modo più sbrigativo per
etichettare vari tipi di
politici i quali erano
considerati inadeguati. Cercavo
insomma di capire cosa fosse
populista, dato che in realtà
pochi lo sapevano, e
all’improvviso – come per
incanto – nella ricerca mi venne
in aiuto Noam Chomsky, famoso
intellettuale americano noto per
essere uno dei più eminenti
linguisti del ‘900, nonché
appassionato attivista sociale.
Chomsky scrisse: “Populismo
significa appellarsi alla
popolazione;”. E sul fatto che
sia un termine negativo
prosegue: “…Pensano che la
popolazione debba essere tenuta
lontana dalla gestione degli
affari pubblici. Pensano che la
popolazione dovrebbe essere
spettatrice e non partecipe … E’
chiaro, quindi, perché le
persone al potere non agiscono
secondo i desideri della
popolazione; questo è l’opposto
di una democrazia funzionante.”
L’autore illustra poi la sua
idea di democrazia: “Penso che
la vera democrazia sarebbe molto
più efficace senza quelli che
chiamiamo partiti politici, che
funzionano solo come macchine
per la produzione di candidati …
Cosa dovrebbe accadere in una
democrazia vera? La gente si
radunerebbe pubblicamente e
deciderebbe quale politica
preferisce e direbbe ai
candidati: ‘Questa è la politica
che desideriamo; se sei in grado
di portarla avanti bene,
altrimenti vai a casa’. Questa
sarebbe una democrazia effettiva
…”.
Inutile dire che il ragionamento
di Noam Chomsky è assai
stimolante, risulta chiaro e
profondo. Egli innanzitutto,
elimina totalmente dalla parola
“populismo” l’accezione
negativa, spiega che
l’avversione nei confronti del
populismo viene da parte delle
classi dirigenti, le più potenti
e agiate, e tale conflitto
impedirebbe l’instaurarsi di una
politica a servizio delle masse,
evitando la cosiddetta
democrazia diretta, che secondo
Chomsky è la forma di democrazia
più pura ed elevata.
L’intellettuale statunitense è
arguto e ha ragione. Mi permetto
di aggiungere però, che questo
vocabolo ha ormai assunto un
senso differente nel linguaggio
comune. Secondo molti, spesso un
populista è anche chi propone
alla gente delle soluzioni
semplici, le più dirette ma
ininfluenti, che si originano da
giudizi affrettati e da analisi
superficiali.
Qui da noi, l’opinione pubblica
ha sempre considerato populisti
per eccellenza gli esponenti
della Lega. In effetti, i
leghisti storicamente si sono
distinti come coloro che
sbandieravano problemi molto
meno gravi di come fossero
presentati, con rimedi
sbrigativi che non avrebbero
portato a chissà cosa se non
rendere tutto ancor più
complesso. In sintesi, le
camicie verdi rappresentano il
secondo tipo di populismo, ossia
il meno nobile, non certo quello
descritto da Chomsky. Ma adesso
veniamo al populista più duro,
il più odiato da chi odia i
populisti, proprio lui: Beppe
Grillo. Definire quale tipo di
populista sia Beppe Grillo è
molto difficile. Il comico
genovese in parte incarna il
ritratto che ne fa Chomsky,
effettivamente è stato lui il
primo a farsi interprete dei
bisogni primari delle persone, è
stato lui a volerne
rappresentare le istanze, è
stato lui a rivendicarne i
diritti. Il Movimento di Grillo
è appunto un’entità che si
scaglia contro i privilegi della
casta e reclama un trattamento
più equo, una società più onesta
con una distribuzione della
ricchezza egualitaria e priva di
sprechi. Fino qui ci siamo, Il
problema nasce in seguito,
quando il nostro Beppe, spinto
dall’intesa che ha col popolo,
decide di avanzare un programma
politico. Questo programma dice
Grillo, si fa portavoce delle
richieste del popolo stesso. Ma
ne siamo davvero sicuri? Un
programma che viene direttamente
dal popolo casomai si costruisce
attraverso complicatissime
procedure, che conferiscono
unicamente nelle mani dei
cittadini, gli strumenti
attraverso i quali questo
documento viene redatto. Chissà
magari tramite appositi organi
collegiali o referendum.
Meccanismi insomma molto
sofisticati e in realtà mai
delineati e sperimentati,
neanche dal Movimento di Grillo.
Grillo ha invece partorito il
suo programma non si sa dove,
forse a casa sua, senza neanche
l’intervento degli eletti
“portavoce” e, al massimo, è
stato aiutato dai commenti sul
suo Blog e dai Forum. Tuttavia,
se un Blog e dei Forum possono
considerarsi realmente degli
strumenti di democrazia diretta,
allora io sono rimasto un po’
indietro. L’attività della Rete
inoltre, ha una grande capacità
di influenzare gli individui,
spesso portandoli a credere che
determinate scelte siano davvero
il frutto della riflessione
individuale, quando magari tali
scelte sono indotte utilizzando
attente strategie. Senza contare
poi, quando una determinata
visione indotta non rappresenta
il vero rimedio, ma anzi un
falso rimedio. A quel punto
però, è difficile togliere
quell’idea dalla coscienza delle
persone, una volta che le ha
sedotte e si è ramificata (Vi
giuro che prima di scrivere non
ho visto Inception!).
In conclusione, credo che la
strada verso il Populismo
auspicato da Noam Chomsky sia
molto lunga ancora, e anche la
sua concezione di democrazia è
un anelito difficile da
intravedere, ad oggi impossibile
da avverare… Le grandi idee però
sono belle per questo… stanno
lì, rimangono, e forse prima o
poi qualcuno riesce a
realizzarle…
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