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SET
19
MI AVEVA DETTO CHOMSKY…
di Giampiero Cinelli

Ripensavo a quante volte, nell’ultimo periodo, nelle nostre orecchie è risuonata la parola “populista”. L’abbiamo sentita spessissimo, sempre in occasione di dibattito politico, e ogni volta, questo termine è stato usato in senso negativo, se non dispregiativo. “populista” è un termine così strano, che all’inizio non vi facevo molta attenzione, ma poi questa parola ha incominciato a incuriosirmi molto, siccome sembrava essere l’attributo con cui si risolvevano tanti ragionamenti molte volte diversi fra loro, e quasi sempre era il modo più sbrigativo per etichettare vari tipi di politici i quali erano considerati inadeguati. Cercavo insomma di capire cosa fosse populista, dato che in realtà pochi lo sapevano, e all’improvviso – come per incanto – nella ricerca mi venne in aiuto Noam Chomsky, famoso intellettuale americano noto per essere uno dei più eminenti linguisti del ‘900, nonché appassionato attivista sociale.

Chomsky scrisse: “Populismo significa appellarsi alla popolazione;”. E sul fatto che sia un termine negativo prosegue: “…Pensano che la popolazione debba essere tenuta lontana dalla gestione degli affari pubblici. Pensano che la popolazione dovrebbe essere spettatrice e non partecipe … E’ chiaro, quindi, perché le persone al potere non agiscono secondo i desideri della popolazione; questo è l’opposto di una democrazia funzionante.” L’autore illustra poi la sua idea di democrazia: “Penso che la vera democrazia sarebbe molto più efficace senza quelli che chiamiamo partiti politici, che funzionano solo come macchine per la produzione di candidati … Cosa dovrebbe accadere in una democrazia vera? La gente si radunerebbe pubblicamente e deciderebbe quale politica preferisce e direbbe ai candidati: ‘Questa è la politica che desideriamo; se sei in grado di portarla avanti bene, altrimenti vai a casa’. Questa sarebbe una democrazia effettiva …”.

Inutile dire che il ragionamento di Noam Chomsky è assai stimolante, risulta chiaro e profondo. Egli innanzitutto, elimina totalmente dalla parola “populismo” l’accezione negativa, spiega che l’avversione nei confronti del populismo viene da parte delle classi dirigenti, le più potenti e agiate, e tale conflitto impedirebbe l’instaurarsi di una politica a servizio delle masse, evitando la cosiddetta democrazia diretta, che secondo Chomsky è la forma di democrazia più pura ed elevata. L’intellettuale statunitense è arguto e ha ragione. Mi permetto di aggiungere però, che questo vocabolo ha ormai assunto un senso differente nel linguaggio comune. Secondo molti, spesso un populista è anche chi propone alla gente delle soluzioni semplici, le più dirette ma ininfluenti, che si originano da giudizi affrettati e da analisi superficiali.
Qui da noi, l’opinione pubblica ha sempre considerato populisti per eccellenza gli esponenti della Lega. In effetti, i leghisti storicamente si sono distinti come coloro che sbandieravano problemi molto meno gravi di come fossero presentati, con rimedi sbrigativi che non avrebbero portato a chissà cosa se non rendere tutto ancor più complesso. In sintesi, le camicie verdi rappresentano il secondo tipo di populismo, ossia il meno nobile, non certo quello descritto da Chomsky. Ma adesso veniamo al populista più duro, il più odiato da chi odia i populisti, proprio lui: Beppe Grillo. Definire quale tipo di populista sia Beppe Grillo è molto difficile. Il comico genovese in parte incarna il ritratto che ne fa Chomsky, effettivamente è stato lui il primo a farsi interprete dei bisogni primari delle persone, è stato lui a volerne rappresentare le istanze, è stato lui a rivendicarne i diritti. Il Movimento di Grillo è appunto un’entità che si scaglia contro i privilegi della casta e reclama un trattamento più equo, una società più onesta con una distribuzione della ricchezza egualitaria e priva di sprechi. Fino qui ci siamo, Il problema nasce in seguito, quando il nostro Beppe, spinto dall’intesa che ha col popolo, decide di avanzare un programma politico. Questo programma dice Grillo, si fa portavoce delle richieste del popolo stesso. Ma ne siamo davvero sicuri? Un programma che viene direttamente dal popolo casomai si costruisce attraverso complicatissime procedure, che conferiscono unicamente nelle mani dei cittadini, gli strumenti attraverso i quali questo documento viene redatto. Chissà magari tramite appositi organi collegiali o referendum. Meccanismi insomma molto sofisticati e in realtà mai delineati e sperimentati, neanche dal Movimento di Grillo. Grillo ha invece partorito il suo programma non si sa dove, forse a casa sua, senza neanche l’intervento degli eletti “portavoce” e, al massimo, è stato aiutato dai commenti sul suo Blog e dai Forum. Tuttavia, se un Blog e dei Forum possono considerarsi realmente degli strumenti di democrazia diretta, allora io sono rimasto un po’ indietro. L’attività della Rete inoltre, ha una grande capacità di influenzare gli individui, spesso portandoli a credere che determinate scelte siano davvero il frutto della riflessione individuale, quando magari tali scelte sono indotte utilizzando attente strategie. Senza contare poi, quando una determinata visione indotta non rappresenta il vero rimedio, ma anzi un falso rimedio. A quel punto però, è difficile togliere quell’idea dalla coscienza delle persone, una volta che le ha sedotte e si è ramificata (Vi giuro che prima di scrivere non ho visto Inception!).
In conclusione, credo che la strada verso il Populismo auspicato da Noam Chomsky sia molto lunga ancora, e anche la sua concezione di democrazia è un anelito difficile da intravedere, ad oggi impossibile da avverare… Le grandi idee però sono belle per questo… stanno lì, rimangono, e forse prima o poi qualcuno riesce a realizzarle…


 

 

 

 

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