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LUG
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…E ALLA FINE HO VINTO

Fatemi indovinare, per caso aprendo questo blog già vi aspettavate che parlassi di Lebron James e del suo ritorno a Cleveland? In effetti sarebbe stato probabile, da qualche giorno non si parla d’altro e ritengo che abbiate già sufficiente materiale a riguardo. Io mi limito solo a dire che da parte di LBJ è stata una scelta romantica, la apprezzo e la condivido in pieno anche da un punto di vista strettamente professionale.
Se non mi concentro sul mercato e sui “colpacci” estivi, è forse perché qualche accanito analista sa farlo meglio di me, ma soprattutto perché sono un inguaribile sentimentalista. Vabbè non esageriamo, non sono sempre uno zuccherino, ma i fatti sportivi sanno liberare i miei tratti più emotivi, e ancora adesso la mia parte sentimentale non riesce a togliersi dalla testa le parole pronunciate da Marco Belinelli ad un giornalista dopo la sua storica impresa… Ve lo ricorderete tutti quando, in stato visibilmente commosso ha detto: “…Nessuno aveva creduto in me in questi anni, e alla fine ho vinto”. Quelle parole, venute fuori insieme alle sue lacrime, subito dopo la storica vittoria, avranno di sicuro conquistato ogni tifoso italiano, e come può essere altrimenti. Ripensandoci tempo dopo, la frase di Belinelli mi era rimasta dentro per il suo impatto e la sua sincerità, ma oltre a questo ho ritenuto che quel messaggio poteva avere dei significati ancora più profondi. Credo che alcune frasi, tirate fuori in contesti particolari e momenti specifici, possano avere un grande significato, anche se inizialmente non ce ne accorgiamo. Immaginate un qualsiasi ragazzo più o meno della mia età, tenete conto della difficile situazione sociale che sta vivendo e considerate la sua frustrazione. Adesso, fate conto che questo ragazzo sia un appassionato di pallacanestro o dello sport in generale, ha ascoltato Belinelli a fine gara e gli ha sentito dire: “Nessuno credeva in me, ma alla fine ho vinto”. Questo è un caso in cui una frase tirata fuori su un campo di basket oltrepassa i confini di quel luogo. Magari può anche diventare il motto per una generazione, la frase di tutti quelli che come Marco non sapevano dove sarebbero andati, una frase che non mi sarei stupito se fosse stata citata addirittura in un comizio politico. In effetti, la vicenda di Marco non è poi tanto dissimile dallo scenario che ogni giorno vivono tanti giovani italiani. C’è chi va all’estero per cercare un futuro, per essere finalmente valorizzato, Belinelli c’è andato per diventare un campione ma da subito ha capito che la strada per lui era in salita. E fu così, che come tanti giovani d’oggi è dovuto restare nell’ombra combattendo col continuo impulso di mandare tutto all’aria. L’occasione però poi è arrivata, Belinelli l’ha colta e si è preso la rivincita, diventando per una notte l’alter ego e l’esempio di migliaglia di ragazzi che come lui che aspettano di vincere “il loro campionato”, fate voi quale. E’ di certo una storia che unisce, una vicenda in cui lo sport è specchio della realtà e promotore di aggregazione. Se non ci sono dubbi che varie volte lo sport è specchio della realtà, purtroppo non lo è sempre in positivo. In tal senso come non menzionare gli spiacevoli fatti avvenuti nell’ultima Finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, un evento in cui le spaccature sociali e il distacco tra cittadini e Stato è emerso con inaudita chiarezza. Tutto ciò come ben sapete ha avuto anche una vittima, Ciro Esposito, che è stato assunto dai suoi concittadini a eroe, il martire di una città che da sempre si ritiene maltrattata e abbandonata. Posso capire il rimanere colpiti, ma in realtà ero rimasto stupito dal clamore sollevato dal sindaco napoletano Luigi De Magistris, che primo fra tutti aveva iniziato l’opera di simbolizzazione di Esposito proclamando il lutto cittadino. Mi chiedevo insomma perché De Magistris fosse così accorato, trattandosi infondo della morte di un semplice tifoso in circostanze tuttavia non rosee. Poi d’un tratto tutto mi apparve più chiaro. Era ovvio che De Magistris volesse cavalcare l’episodio, e usarlo strumentalmente per richiamare il popolo napoletano a raccolta, per farlo sentire coeso e compatto, rivendicando allo stesso tempo l’immagine in generale di una “città vittima”. Non è la prima volta appunto che lo sport si presta a messaggi sociali. Sia nel bene che nel male, può esserlo nella finale di Coppa Italia, può esserlo nei canestri di Belinelli. E pensare che una partita di basket tante volte è stata teatro di un evento che la travalicava. Nel ’72 alle Olimpiadi di Monaco si affrontano in finale Usa e Urss. Gli americani a tre secondi dalla fine sono in vantaggio e aspettano solo la sirena che gli darà la medaglia. I sovietici però, in quell’epoca e in quel luogo, non possono permettersi di perdere. La gara verrà scorrettamente fatta continuare e alla fine l’Urss ce la fa. Qualche hanno più tardi nel ’92, in America si gioca l’All Star Game, la classica gara d’esibizione di metà febbraio che non ha alcun valore. Stavolta invece di valore ce ne ha tanto, perché Magic Johnson, che ha scoperto di essere siero-positivo, annuncia che quella sarebbe stata la sua ultima partita. Giocò in maniera straordinaria, fece esaltare tutti gli spettatori e anche i compagni. Fu il suo modo per dire a tutti coloro che avevano il virus di non nascondersi, di provare a vivere come fanno tutti.
A Monaco insomma il basket aveva evidenziato le tensioni del mondo, con Magic invece aveva riscoperto un sentimento di solidarietà. Forse Marco Belinelli non si è reso conto pienamente di cosa hanno suscitato le sue gesta in tanti ragazzi. La stagione meravigliosa che ha avuto ha evidenziato ancora una volta la “favola italiana”, la favola di un popolo che si è sempre percepito come svantaggiato, ma che poi ha saputo emergere e distinguersi col talento, l’ingegno e la perseveranza. La favola italiana ci sembra a prima vista svanita, molti la credono perduta. Io però ci voglio ancora credere, come ha fatto Marco… che alla fine ha vinto.


 

Sono uno a cui piace vivere di passioni ed emozioni, cercando di raccontarle e condividerle. Qui vi racconto la mia passione per lo sport americano e la curiosità per tutto ciò che è cultura, senza evitare del tutto uno sguardo all’attualità.

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