Le intricate vicende attuali di
sicuro ci fanno spesso
dimenticare che al nome Italia
non si associa soltanto un’idea
di negatività, ma anzi il più
delle volte di eccellenza.
L’eccellenza la trovi nella
manifattura, nella moda, nel
cibo e a volte anche nel Basket.
Vi invito ad andare in un’arena,
lì pronunciate il nome di Ettore
Messina e vedrete che non sarà
affatto sconosciuto, anzi. Ma
forse non tutti sanno chi è
Ettore Messina, per quei pochi
che vorrebbero scoprirlo,
cominciamo col dire che è un
allenatore. Messina si è fatto
talmente tanto apprezzare nel
panorama cestistico mondiale,
che ha appena raggiunto un altro
grande risultato nella sua
carriera, ovvero diventare parte
attiva in uno staff tecnico NBA.
Pochi giorni fa infatti, è stato
ingaggiato per la prossima
stagione come assistente di Greg
Popovic, l’attuale coach dei San
Antonio Spurs. Sì avete capito
bene, proprio al fianco del
mitico Greg Popovich, proprio
sulla panchina degli Spurs, i
campioni NBA in carica! E’ una
notizia strabiliante per il
movimento sportivo italiano, ma
non è del tutto una sorpresa per
chi Ettore lo conosce e da tempo
lo segue. In effetti i
palcoscenici americani sono un
terreno che l’ex allenatore
bolognese meritava già
ampiamente e non gli sono del
tutto nuovi. Eccovi dei brevi
cenni in modo che possiate
comprendere meglio: Messina è
famoso per aver vinto due volte
l’Eurolega (la Champions di
basket) con la Virtus Bologna
nel 1998 e nel 2001, quell’anno
si aggiudicò anche Scudetto e
Coppa Italia, e nelle fila della
squadra c’era Manu Ginobili, la
grande stella argentina che egli
ritroverà a San Antonio. Arriva
poi l’esperienza in Russia, al
Cska Mosca, dove il siciliano fa
ancora il bis nell’Eurolega,
conquistandola nel 2006 e nel
2008. Si è aggiudicato anche un
argento agli Europei del 1997
con la nazionale. Nel 2012
arriva la sua prima esperienza
negli States, ai Lakers. In quel
caso però ricopre solo il ruolo
di consulente, è cioè addetto
all’analisi delle gare ma non ha
un ruolo attivo nello staff, non
potendo prendere decisioni
assieme all’allenatore e non
sedendo in panchina durante la
partita. Messina arriva adesso a
San Antonio con una reputazione
consolidata nell’ambiente NBA e
godrà subito di molta voce in
capitolo, non a caso in estate
lo si ipotizzava addirittura
capo allenatore in qualche club
d’oltreoceano. E quale
franchigia poteva fare più al
caso suo se non San Antonio, da
sempre la società che
maggiormente è aperta e attenta
all’Europa, avendo avuto molti
giocatori europei al suo
interno, alcuni dei quali
attuali leader indiscussi come
Tony Parker. E pensare che
questa franchigia ha un tale
rispetto per le realtà europee,
al punto che qualche anno fa
l’ex Manager degli Spurs Danny
Ferry, quando lavorava a
Cleveland, aveva mandato il
coach Mike Brown a Mosca a
studiare il gioco del Cska
allenato dal tecnico italiano.
Appunto Brown reclutò poi
Messina come consulente per i
Lakers. Ettore ha raccontato le
sue esperienze a stelle e
strisce in un libro intitolato
“Basket, Uomini E Altri
Pianeti”, un diario della
stagione ai Lakers del 2012.
Rileggendolo ora, non ho potuto
far a meno di notare alcuni
passi davvero interessanti,
quelli in cui l’allenatore si
descrive personalmente e
illustra le sue idee. Credo
fermamente che alcuni concetti
espressi da questo coach abbiano
grande lungimiranza e possano
essere applicati non solo allo
sport, ma anche alla vita. In
effetti è chiaro che un grande
allenatore è anzitutto un ottimo
“manager”, uno che sa gestire i
gruppi sociali, che ha
intelligenza e saggezza. Molto
profonda ad esempio, è l’idea
che Ettore ha del gruppo. Nel
suo libro dice: <<Da
capo-allenatore ho sempre
cercato di stare lontano da una
leadership troppo direttiva e
dall’omogeneità ideologica dei
membri dello staff. Ho sempre
chiesto ai miei assistenti di
non appiattirsi sulle mie posizioni… l’importante è
stimolare un dibattito
costruttivo, ricordando che alla
fine la responsabilità è del
capo-allenatore>>. Da qui ne
deriva un altro concetto molto
caro a Messina, quello della
responsabilità, ecco come lo
spiega: <<…E’ per questo che non
dico ai miei giocatori a che ora
devono andare a letto la sera,
perché saperlo deve essere già
parte della loro responsabilità,
della loro etica del lavoro. La
mia parte è incoraggiare questo
senso… Porre delle regole e
controllare che vengano
osservate non è sufficiente… Può
perfino diventare
controproducente… Per costruire
responsabilità bisogna
innanzitutto fissare un
obiettivo chiaro e
raggiungibile>>. La libertà e
l’autodeterminazione dei
giocatori, sempre nei limiti del
sistema prestabilito, è un
valore centrale per Messina, che
infatti scrive: <<Con una
squadra di veterani il compito
dell’allenatore è quello di
creare in laboratorio quei
piccoli imprevisti che aiutino i
giocatori a scoprire e affinare
la propria
auto-determinazione>>. Molto
rilevante è anche il modo in cui
questo coach intende la
motivazione. Sa bene che è molto
importante, ma non punta troppo
sulla motivazione “negativa”,
quella che sfocia da ansia e
pressione, bensì sulla
motivazione interna, derivante
dalla voglia di raccogliere la
sfida e misurarsi, dalla
responsabilità che si ha verso i
compagni e sé stessi. Messina
pensa questo gioco come un’arte,
crede necessaria “la divisione
del lavoro tra intero e parti” e
dice che il basket è “uguale
alla musica e il contrario della
matematica. Quando impari le
note, indipendentemente dal tuo
livello di esecuzione, sei in
grado di capire se il complesso
finale delle note sia cacofonico
o armonico. Idem, quando impari
i fondamentali sai avvertire se
un attacco nel suo insieme è
fluido o stagnante. Conoscere
invece le singole operazioni non
ti dà la possibilità di
risolvere un’espressione o
un’equazione più complessa”.
Avrete quindi capito che Ettore
Messina, prima di essere un
grande tecnico è un vero
filosofo del gioco e la sua
personalità sarebbe certamente
d’esempio per molte altre
attività umane. Non credo
d’esagerare se dico che i
principi espressi nel suo libro
sarebbero un buon esempio per i
nostri politici, ai quali non
guasterebbe leggere “Basket,
Uomini E Altri Pianeti”.
Intanto, al coach va il nostro
in bocca a lupo, con la speranza
di vedere i colori italiani
sempre più vincenti tra i
palazzetti statunitensi!
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