Forse
qualcuno di voi lo saprà, da
qualche tempo posso dire di
lavorare in un giornale. Non so
se posso definirmi un
giornalista, ma la mia attività
è comunque assimilabile a quel
ruolo. Quindi per ogni ruolo che
si svolge, è opportuno che si
tengano a mente i grandi che
hanno arricchito il determinato
mestiere, che si abbiano
riferimenti, eroi, ma mai idoli.
Di esempi se ne possono avere
tanti, come i maestri Biagi,
Montanelli, Bocca, fino ad
arrivare ai giorni nostri, con
magari Travaglio, che a molti
certo non piacerà, ma almeno il
suo lavoro lo fa egregiamente.
Di errori ne ha fatti anch’egli,
ma è assai più rispettabile di
altri. Io però, ho un maestro
tutto mio. Un maestro diverso da
tutti gli altri, meno ortodosso,
meno accademico, ma grande nel
suo genere. Il mio maestro si
chiama Tiziano Terzani.
Considerarlo maestro forse è
riduttivo, perché Tiziano è un
amico, anche se non ci siamo
praticamente mai visti. Per chi
non lo sapesse, Terzani nacque a
Firenze nel 1938 e morì nel 2004
a causa d’un cancro, lavorò per
molte grandi testate, ma la sua
collaborazione principale è
quella che ebbe con il
settimanale “Der Spiegel”,
settimanale tedesco che lo
impiegò vari anni come
corrispondente dai paesi
asiatici. Terzani è famoso per
aver raccontato l’Asia, i suoi
misteri, la sua importante
storia che si intreccia coi
principali eventi del ‘900. La
Cina di Mao , la Cambogia di Pol
Pot, il Vietnam, L’India, fino
ad arrivare al moderno Giappone.
Insomma Tiziano ci descrisse
L’Asia, perché da quella fu
sempre affascinato, e attraverso
quella ci ritrasse il ‘900
stesso, forse il secolo più
entusiasmante di tutti il cui
fascino egli sentì da vicino e
visse sulla sua pelle - quasi
rischiandola - nel famoso
episodio in cui un Khmer rosso
cambogiano gli puntò una pistola
alla tempia. Ma insomma perché
considero questo giornalista un
amico? Perché Tiziano seppe
meglio di tutti andare oltre la
storia. La osservò, ne scrisse,
riflettendo sempre profondamente
su quello a cui assisteva.
Terzani non amava l’Asia solo
perché la credeva una possibile
alternativa al sistema
capitalistico occidentale, ma
perché in essa vedeva fonte di
spiritualità, di elevazione
umana. Ecco perché il suo grande
amore fu L’India, quell’India
che lo ferì violentemente quando
la ritrovò “occidentalizzata”.
Stessa sorte gli inflisse il
Giappone, troppo avanzato e
ancor più folle della più
gremita Ground Zero all’ora di
punta. E se lui seppe andare
oltre ed insegnare la vita,
partendo dai fatti della vita in
quanto giornalista, non posso
che ritenerlo un amico per
sempre, e il miglior giornalista
che si possa mai avere. In età
avanzata a Terzani i fatti non
interessavano più, non sapeva
che farsene. Decise di ritirarsi
prima in un Ashram, poi in una
baita sperduta nelle colline di
Orsigna (Toscana). Dedicò i suoi
ultimi anni alla speculazione,
alla meditazione, a stare a
contatto con la natura. Non
credeva più nelle ideologie,
aveva visto fallire innumerevoli
rivoluzioni, l’unica rivoluzione
che cercava era quella che
ognuno dovrebbe compiere al suo
interno, e come poterlo
contraddire, come negare questa
verità con cui prima o poi tutti
dovremo fare i conti dopo la
giovinezza e dopo che per anni
avremo riposto fiducia nella
buona politica. La profondità,
la capacità di accedere alla
spiritualità di un uomo come lui
non si misura, è impossibile
farlo. Fu lui che dopo l’11
Settembre riuscì a dire l’unica
cosa davvero sensata, senza
lanciarsi in previsioni
politiche e mosse strategiche,
disse semplicemente che era
quello il momento più proficuo
per giungere al punto di non
violenza. Per cancellare ogni
tipo di tensione, non reagendo
più ai rispettivi attacchi, ma
anzi dialogando. Di Tiziano si
hanno moltissimi libri e tanti
video, di frasi un’enorme
quantità. Ma forse una è quella
che più si addice a questo
periodo, ed è quella che tutti i
giovani dovrebbero custodire.
Una volta parlando in un liceo,
rivolgendosi ai ragazzi disse: “…Lo
so che violenza genera violenza,
che il mondo vi sembra sempre
quello degli altri, dei ricchi,
di chi ha la cravatta, ma non è
così. Il mondo è vostro!”. Credo
sia un’espressione potente, che
va sempre ricordata. E’ un
invito all’azione,
all’entusiasmo, l’amore, a
ricordare che di vere regole
scritte ce ne sono poche, e
l’uomo, il giovane, chiunque,
essendo tutt’uno con la realtà
può continuamente agire su essa
e mutarla. Il mondo siamo noi,
il mondo siete voi… il mondo è
vostro!
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